Archivi categoria: Senza categoria

UNO STRANO GENERE DI RACCONTO

Una mattina mi sveglio un po’ frastornato. La bocca impastata, gli occhi un po’ gonfi, appena un cerchio ala testa. Qualcosa mi dice che sarà una giornata balorda. Ed infatti comincia con la telefonata della mia ex moglie che si lamenta del bambino che non è stato bene, ma soprattutto che il pediatro non risponde al telefono. Le dico di stare tranquilla e che, appena torno dal dentisto, passerò a vedere se hanno bisogno di qualcosa.

Mi preparo e faccio la barba perché mi sa che non avrò tempo di andare dal barbiero. Appena pronto chiamo al telefono la solita cooperativa e mi faccio trovare pronto perché il tassisto è già di sotto. Mentre andiamo nel traffico un pazzo (il solito camionisto) ci taglia la strada: noi prendiamo uno spavento e lui si prende gli accidenti che gli mandiamo.

A metà mattinata incontro il mio collaboratore sotto l’ufficio e ci prendiamo il solito caffè al bar. Come tutti i giorni il baristo mi sfotte perché domenica la mia squadra del cuore ne ha prese quattro dalla sua. Cosa posso farci se il nostro miglior calciatoro batte la fiacca? Mi tengo lo sfottò meditando vendetta. Appena fuori del bar mi trovo due tizi che discutono animatamente: sia l’autisto, sia il vigilo, sono convinti di avere ragione. Mi sa che vincerà il secondo.

Finita la giornata di lavoro ed avute rassicurazioni sulla salute del bimbo, faccio un salto a casa nuova. Trovo il geometro che sorveglia i lavori. In una stanza c’è il piastrellisto e nell’altra il marmisto che sollevano polvere e bestemmie. Personale ruvido, non c’è che dire. Uff, comincio ad essere stanco.

Scendo e mi avvio a piedi verso casa. Per rilassarmi prendo gli auricolari e con lo smartphone pesco una bella radio digitale di musica classica. Mi distende un casino. Appena accendo sento un brano di un musicisto che amo: un clarinettisto che è soave. I neuroni cominciano a calmarsi. L’ultimo tratto, dall’androne alla porta di casa mia, leggo le ultime notizie della città. Come al solito, il giornalisto se la prende con l’amministrazione e il titolo chiude la giornata:

“È giunto il momento di far cadere la sindaca!”

Sipario

I DIECI FILM PIU’ IMPORTANTI DELLA MIA VITA

Al contrario della musica che vivo profondamente in qualsiasi momento della mia vita quotidiana, i film sono qualcosa di più episodico. L’importanza che essi assumono dipende dal momento in cui li vediamo, con chi eravamo, se era al cinema o in tv, se la storia era entrata in risonanza con il nostro vissuto o se lo spettacolo ci ha stupiti. E’ stato, quindi, difficile fare questa classifica. Soprattutto è stato difficile non farsi prendere dalla testa e rimanere di pancia, rimanere ai film che realmente sono stati importanti e non necessariamente belli.

Non ve li proporrò in ordine cronologico ma di importanza e rilevanza nella mia storia. Vi troverete, quindi, dei bei salti temporali.

 

10° – Un’altra donna – Woody Allen (1988)

Tra i tanti film di Woody Allen che ho visto, questo è stato l’unico che non aveva alcun intento comico. Una storia molto intima che riguarda un mondo che ho vissuto da dentro e da fuori, ovvero quello della psicoterapia, ma dal punto di vista della professione. Incrociare le vite di altre persone, appassionarsi alle loro storie, anche minime. Le paure e le difficoltà di chi, invece, deve essere colei che aiuta sono un punto di vista diverso della vita. Questo film mi ha lasciato la morbida sensazione di aver sentito i dubbi di una persona autorevole, di valore.

 

9° – Il giorno più lungo – Darryl F. Zanuck (1962)

E’ colpa di mio padre. Quando i miei genitori si separarono, rimasero in casa alcuni dischi e alcuni libri di mio padre. Tra questi, una decina di libri sulle storie della seconda guerra mondiale. Mi sono appassionato all’argomento ed uno dei primi che comprai raccontava dello sbarco in Normandia: il D-day. Da questo libro è stato tratto, poi, il film in questione. Il libro, come i film, l’ho affrontato decine di volte e, come spesso accade a chi rilegge i libri o rivede i film, i personaggi diventano una specie di amici che si va a (ri)trovare. Ci si fa compagnia nel corso degli anni.

 

8° – Fantasia – registi vari (1940)

Il visionario film di Walt Disney, uscito ben ventidue anni prima che io nascessi, l’ho visto al cinema per la prima volta e, nel corso degli anni successivi, sono tornato almeno altre tre volte a rivederlo: erano i tempi in cui i film di successo (i classici di Disney lo erano per antonomasia) venivano riproposti più volte. Fantasia è stato il mio approdo al piacere del film/video di sole immagini e musica, in cui la parte ludica è superiore a quella narrativa, il gioco più importante della storia.

 

7° – Woodstock – Michael Wadlleigh (1970)

Il documentario sui tre giorni di concerto diventati l’apoteosi del movimento hippy degli anni Sessanta è stato, naturalmente, un incontro adolescenziale. In un cinema di terza visione, con prezzi popolari, entravamo al primo spettacolo e ce ne vedevamo almeno due di fila (allora si poteva fare). Vedevamo in quel film i protagonisti dell’era musicale del rock: Jimi Hendricks, The Who, Joe Cocker, Joan Baez, Santana. L’elenco è lungo. Ci siamo tornati a più riprese in quel cinema per vederlo ancora una volta.

 

6° – Più forte ragazzi – Giuseppe Colizzi (1972)

La mia età di abbassa ancora e mi trova bambino. Questo film mi portò a vederlo mio padre. C’erano quei due simpatici testoni di Bud Spencer e Terence Hill che davano cazzotti a destra e a manca, aerei improbabili e scassati e la musichetta degli  Oliver Onions, al secolo Guido e Maurizio De Angelis. Più volte l’ho rivisto nei suoi vari passaggi televisivi nel corso dei decenni. Un momento di spensieratezza dell’infanzia.

 

5° – Arancia meccanica – Stanley Kubrik (1971)

Il film di Kubrik che fece molto scalpore all’epoca, non lo vidi quando uscì perché era vietato ai minori, sia per la violenza sia per alcune scene di marca sessuale. L’ho rivisto qualche anno dopo, sempre al cinema. Fu il mio incontro con la narrazione della violenza. Tutti i film visti in precedenza avevano decine e decine di assassini e di morti, ma erano tutti poco realistici. La violenza gratuita, quella fatta per il puro piacere, non l’avevo mai vista. Ma fu anche un film che, dopo fantasia di Disney, faceva diventare la musica protagonista stessa della narrazione, parte in causa del racconto.

 

4° – Totò, Peppino e la malafemmina – Camillo Mastrocinque (1956)

Potrebbe essere superfluo parlare di questo film tanto esso è diventato parte della cultura italiana popolare. Molti dei modi di dire presenti nel film, delle battute,  sono ancora nella nostra memoria collettiva, come pietre miliari. Lo vidi in televisione, molte volte. L’ho ricomprato in dvd ed ancora oggi, di tanto in tanto, lo rimetto nel computer per assaporare di nuovo le facezie burlesche che Totò e Peppino ci hanno lasciato. L’ho fatto vedere anche a dei ragazzi che citavano le battute del film senza saperne la storia.

 

3° – Blade runner – Ridley Scott (1982)

Il sontuoso film di Ridley Scott è stato il più bel film di fantascienza che abbia visto. La fantascienza è il genere letterario che io ho amato e consumato massicciamente da giovane, che mi ha portato in mondi diversi, che mi ha spesso posto questioni sociologiche e filosofiche. Rimasi affascinato dal concetto di “uomo” che il film poneva. Cosa può definirsi umano?

 

2° – The Blues Brothers – John Landis (1980)

Sulla piazza d’onore il musical demenziale e delirante con Dan Aykroyd e John Belushi. Ancora un film con la musica che è protagonista, con una parata di stelle del blues e nel Guinness dei primati per la scena col maggior numero di incidenti d’auto. E’ un film che ho visto almeno sette volte al cinema e decine di altre volte in tv e dvd. Tutti i protagonisti sono dei miei amici che mi accompagnano nel tempo e che mi fa piacere ritrovare di tanto in tanto. Anche questo, come quello di Totò e Peppino, ha una serie di battute che sono ormai patrimonio dell’umanità.

 

1° – Nuovo Cinema Paradiso – Giuseppe Tornatore (1988)

Il vincitore del Premio Oscar del 1990 è il mio film, per i temi trattati e per la musica. La presenza di una figura paterna che padre non lo è, l’amore che nasce nella gioventù e si protrae negli anni (soprattutto nella versione integrale del film), la necessità di andare via dalla propria terra per poter trovare una strada, sono tutti pezzi del racconto che entrano in risonanza con la mia storia. Il film, poi, fu per me l’occasione di un incontro d’amore e, quindi, ancor più importante. Un film che ho sempre amato rivedere ma centellinandolo, per non diluire troppo le emozioni che sempre mi riserva.

I 10 BRANI MUSICALI PIU’ IMPORTANTI DELLA MIA VITA

Forse è per una catarsi. O forse per avere il piacere di condividere con chi legge questo blog, Vi propongo i 10 brani più importanti della mia vita. Non è stato facile scegliere perché io sono da sempre immerso nella musica. Mi nutro di musica e modulo il mio umore attraverso di essa. Ecco le mie scelte.

Burt Bacharach – Raindrops  keep falling on my head

Questo brano ha accompagnato la mia prima cotta adolescenziale. La cantavo malinconicamente perché l’oggetto del mio amore non ricambiava. Anzi, non sapeva neanche che fossi cotto. Semplicemente non mi calcolava per niente. ella serie: amori struggenti. Anni 13.

 

PFM – Celebration (Live in USA)

In una vacanza in campeggio, un amico aveva un registratore a cassette con questo nastro che andava e riandava tutta la giornata. Celebration è stato il mio ingresso nel rock. Siamo a 13 anni.

Francesco Guccini – L’avvelenata

Guccini è stato un fratello maggiore. Un fratello maggiore vicario. L’avvelenata, che faceva parte del mio repertorio alla chitarra, ci permetteva di sentirci trasgressivi perché potevamo cantare parole come cazzo, sega, scopare, culo. Più di ogni altri, Guccini ha rappresentato il mondo dei cantautori che sono stati i cantori della nostra giovinezza. Anni 14 in poi.

Pink Floyd – Shine your crazy diamond

I Pink Floyd sono stati una categoria a parte. Sentivamo molta musica, ma la loro musica era come sacra. Questo brano, in particolare, ne è la quintessenza. Si comincia intorno ai 14 anni

Dave Brubeck – Take five

Comprai il disco perché con le chitarre giocavamo a fare Take Five e così entrai nel mondo del Jazz. Una sorta di Virgilio del cool jazz. Naturalmente, non ne sono più uscito. Il disco lo comprai che avevo 16 anni.

Manhattan Transfer – Birdland

Questo pezzo ha accompagnato una fase importante della mia giovinezza, ovvero il passaggio dalla comitiva che ho vissuto fino alla tarda adolescenza a quella della giovinezza. Intorno ai 16 anni

Beethoven – I movimento sinf. n. 6 Pastorale

Siamo alla prima volta. Tutto sulle note diffuse da un registratore a cassette nella penombra di camera mia e nella maturità dei nostri 19 anni

Ennio Morricone – Tema d’amore (Nuovo Cinema Paradiso)

Film e musica sono stati un connubio inscindibile. Il film perché foriero di un incontro importante ma, al tempo stesso, portatore di una storia che è sempre entrata in risonanza con ma mia storia. Avevo circa 27 anni.

Compagnia del Cerchio – Canzone delle sei sorelle

Quando nacque mio figlio, piangeva sempre, afflitto dalle famigerate coliche gassose. A qualsiasi ora del giorno e della notte lo si cullava, tenendolo in braccio. Non conoscevo ninnananne e, allora, cantavo le canzoni che conoscevo. Questa era la ninnananna preferita. Anni 36

Squallor – Cornutone

Canzone senza tempo e ricorrente. L’ho cantata e mi ha aiutato nel corso degli anni nelle mie delusioni d’amore. Un inno alla sdrammatizzazione. L’inverso di un femminicidio.

Naturalmente, la mia vita è zeppa di musica e, forse, un giorno scriverò anche il post con il resto della musica importante per me. Per ora, spero che abbiate apprezzato questa.

LA SOGLIA DEL BIMBO MORTO

È passato un tempo sufficiente a far evaporare la bolla mediatica ed a valutarne gli effetti da quella terribile fotografia. Pubblicata dal The Guardian, quotidiano inglese, e ripresa poi da tutti i media del mondo, la foto del bambino morto su una spiaggia in seguito al tentativo di sbarcare in Europa è stata un tragico esempio delle dinamiche dell’informazione di massa contemporanea. Nella narrazione dei mezzi d’informazione il bambino acquista un nome, Aylan, una storia e dei familiari morti con lui.
In questo caso – ed accade raramente rispetto alla quantità di foto che ogni giorno vengono pubblicate in internet di bambini morti – questa foto è diventata un simbolo mediatico di un intero fenomeno. Purtroppo, in quanto simbolo, la foto del bambino è diventata anche un grimaldello per scardinare le normali difese della personalità dinanzi alla sofferenze, consentendo a chi la pubblica di arrivare a generare un sobbalzo emotivo. Da quella prima foto, le repliche di quell’immagine di sono moltiplicate esponenzialmente fino a saturare il web, i telegiornali e, indirettamente, addirittura la radio. Una sorta di frullatore mediatico.
È stato inevitabile che quell’immagine si trasformasse in uno strumento di propaganda, ovvero che in tanti la usassero per scopi differenti dall’informazione pura. Tutte queste dinamiche di gestione dei simboli da parte del mondo mediatico e delle pratiche propagandistiche generano, molto probabilmente, alcuni effetti collaterali.
I primo è l’abituazione, un fenomeno che è insito nella nostra neuropsicologia, Sostanzialmente, si realizza quando siamo sottoposti ripetutamente ad uno stimolo e, col passare delle ripetizioni, lo avvertiamo sempre meno fino – per periodi di ripetizione molto lunghi – a non accorgercene più. Il secondo è l’evitamento che consiste nello sfuggire alla stimolazione che genera dolore/malessere. Il terzo è la connivenza che nasce quando chi assiste a situazioni che generano emozioni non tenta di farle cessare ma, anzi, a volte mette in moto dei comportamenti per assistere di nuovo all’evento emozionante, in una dinamica che ricorda molto la pornografia. Infine, possiamo considerare un diffuso aumento della diffidenza nelle persone che intuiscono le intenzioni strumentali di chi usa foto e video sperando di innescare le emozioni per usarle ai propri fini.
L’effetto complessivo finale, esteso a grandi masse di fruitori dei media, potrebbe essere molto probabilmente un’impercettibile e progressiva desensibilizzazione alla sofferenza altrui, andando ad inibire i comportamenti empatici e prosociali. Si potrebbe diventare anche sempre meno disponibili a sentirsi coinvolti e indignati.

10428619_10153794324607985_1101981348133892158_n

matteo-renzi-aylan

PRIMO ANNO DEL BLOG

Dunque, questo blog compie il primo anno. Non sono uno scrittore incallito, ma spero che gli articoli pubblicati siano stati interessanti. Propendo per l’audiovisivo – è noto – ma di tanto in tanto vado ad esplorare e ragionare anche su altri aspetti delle umane vicende. Seguo sempre il principio di scrivere e pubblicare solo quando sento di avere qualcosa di concreto, senza farmi prendere da scadenze e mediamarketing. Mi piacerebbe che in questo secondo anno foste voi a sollecitare delle riflessioni. Nel frattempo, proseguo nelle mie esplorazioni nel mondo degli umani.

Un grazie a tutti

Stefano Paolillo