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COMMERCIO 4.0

Da un po’ di tempo, ormai, si sprecano le analisi sugli effetti devastanti che sta avendo sul commercio al dettaglio il colosso del commercio online Amazon ed i suoi fratelli come AliBaba, Zalando, AliExpress ed affini. Previsioni nefaste si abbattono su tutto il comparto del commercio al dettaglio. Dopo aver subìto l’opera di erosione della clientela ad opera di supermercati, discount e centri commerciali, i negozi hanno raggiunto l’orlo del baratro con l’arrivo del commercio online, soprattutto da quando ha raggiunto livelli di affidabilità notevoli nei processi di consegna e, soprattutto, dei resi. La concorrenza a tutto il comparto del commercio al dettaglio è diventata travolgente. Gli stessi centri commerciali si stanno trasformando in enormi vetrine per consumatori che vanno a toccare con mano i prodotti in negozio per, poi, ordinarli su Amazon. C’è un modo per contrastare questo trend o la scomparsa del commerciante in senso classico sarà l’inevitabile segno dei tempi?

Per provare a formulare un possibile scenario di reazione a tutela del commercio di prossimità, racconto un episodio che mi è capitato? Tempo fa sono andato in una libreria all’interno di un centro commerciale per cercare un libro. La commessa di questa libreria appartenente un una catena, mi risponde serafica: “Mi dispiace, non trattiamo questa casa editrice”. Definitivo. Com’è possibile? Potrei capire che non lo avessero in negozio, ma dovrebbero essere ordinabili tutti i libri in commercio. Detto, fatto. Mentre ero ancora in libreria, ho tirato fuori dalla mia tasca lo smartphone, ho aperto il mio account Amazon, ho fatto l’ordine e il libro mi è stato recapitato direttamente a casa due giorni dopo.

Mi sembra evidente che il commercio, come tutte le attività umane, risente dei cambiamenti tecnologici. Molti lavori compaiono grazie alla tecnologia e, al tempo stesso, scompaiono ad opera della stessa tecnologia. Lamentarsi non serve a recuperare lo spazio perduto. Cosa potrebbero fare i commercianti per risalire la china? Ciò che potrebbero fare tutti coloro che subiscono gli effetti combinati di tecnologia e globalizzazione: diventare un servizio umano. Se quella commessa fosse stata appassionata di libri avrebbe potuto consigliarmi un testo simile o altrettanto avvincente. Oppure si sarebbe prodigata (con un organizzazione del negozio adeguata) per procurarmi quel testo, assicurandomi che mi avrebbe contattato prontamente appena fosse arrivato.

Il commercio al dettaglio, escludendo pochi tipi di esercizi, potrebbero rendere “relazionale” la vendita, potrebbero far diventare l’acquisto un’esperienza gratificante a prescindere dal prodotto.

È cosa difficile? Per alcuni no, per i più empatici no. Magari ci si potrebbe provare per aprire nuove frontiere del lavoro e della relazione tra le persone.

IL PRODOTTO AUDIOVISIVO GLOBALE: IL CASO “CASTLE”

L’arte cinematografica, nata verso la fine dell’Ottocento, ha sempre attinto a piene mani dalla letteratura. Scegliere un testo classico e “ridurlo” ad un film ha permesso il diffondersi nelle masse – che non leggevano Tolstoi o Verga – di conoscere le grandi narrazioni e le considerazioni legate ad esse.
Successivamente, spinti dalla “fame di storie” di quella che era diventata ormali l’industria della fabulazione – il cinema, appunto – sono state prese storie dalla cronaca, dai vari generi letterari (polizieschi, thriller, avventura, storia…) per arrivare ai fumetti e – addirittura! – ai videogiochi. Un flusso continuo di storie che ha alimentato il cinema prima, la televisione poi. Una buona fetta di narratori e scrittori, poi, si sono trasformati in sceneggiatori ed hanno profuso idee, schemi comportamentali e sociali, attraverso i film: ma soprattutto attraverso le moltitudini delle audience televisive, con telefilm e serial. L’industria audiovisiva, insomma, ha vissuto per un secolo di libri.
Negli ultimi anni si è riusciti a chiudere il cerchio con il fenomeno “Castle”. Questa serie tv, in cui uno scrittore di romanzi gialli collabora con le indagini della polizia, si ricrea uno pseudobiblion, ovvero un libro che viene citato in un libro vero. Tanto per fare l’esempio più celebre possiamo ricordare il “Manuale delle giovani marmotte” nei fumetti di Disney che viene poi effettivamente realizzato e commercializzato.
La serie di Castle è andata oltre lo pseudobiblion perché sono stati commercializzati una serie di racconti gialli a firma Richard Castle. Proprio lui, il personaggio del serial! Degli scrittori hanno pubblicato le loro storie sotto l’unico pseudonimo di Castle. La televisione ha generato uno “pseudoautore”; la narrazione audiovisiva ha dato vita prima a dei libri e poi ad un autore. Un prodotto audiovisivo globale.

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